TESTI CRITICI

Vittoria Palazzo - Auditorium San Lorenzo Cento 1981

Grandi tele dalle tonalità brune smaltate attraverso una stesura precisa, limpida, senza sbavature.
Tutti colori ad olio: verdi, rossi, carminio, gialli d'ombra e di luce, seppia e marroni.
Con questi mezzi Salvatore Amelio ottiene i suoi fondi scurissimi senza però mai usare il nero, le sue forme di un bianco opaco senza mai usare l'assoluto bianco, le sue velature che si fanno trasparenza.
E il mondo incantato, misterioso, immobile degli insoliti personaggi in primo piano riempie di sé lo spazio circostante.
La figura campeggia solitaria abolendo ogni altra presenza, ogni tentazione decorativa.
Un'atmosfera di antico e nuovo, l'impronta del tempo calato nel presente, proiettato nel futuro, un rigore di linee calcolate e tuttavia poetiche sono alla base di questa espressione d'arte che s'impone allo sguardo. Al primo impatto si resta stupiti e subito allo stupore subentra l'interrogativo che porta alla riflessione mentre qualcosa viene rimosso nel profondo di chi guarda, inquietandolo.
Perché Amelio ha scelto come soggetto le armature?
Armature vuote, ma compatte, ma vive, con un loro muto linguaggio, una loro potente espressione, anche se non hanno né volto, né occhi, né mani. Dove sono finiti i cavalieri da esse protetti?
Dissolti nel leggendario remoto. O, forse, mai esistiti...
La cavalleria è perduta. Del sogno eroico resta la realtà di un materiale.
Ma non ferro — l'eco delle battaglie lascia indifferente il nostro Artista —non latta — l'intenzione d'ironia neppure lo sfiora.
Sono armature biancastre, come di gesso, forse di polvere, polvere d'ossa, quasi in esse si sia fusa la pelle degli uomini ammalandole di provvisorietà. E si vanno disfando, alcune sono già per metà solo ombra, trasparenza di se stesse, oltre la quale è il nulla.
Cosa vuol dirci Salvatore Amelio?
L'allegoria dell'uomo che si cela sotto una costruita — o imposta — corazza, non è nuova.
L'imbarazzo che si prova ogni qualvolta capita di imbattersi in quegli involucri d'uomo (sia al museo come in alcune superstiti dimore avite) è comune a molti.
Non questo certo ha spinto un pittore serio e preparato e abile come Salva
tore Amelio a scegliere simile tematica.
Piuttosto egli pone l'accento sulla situazione attuale dell'uomo, il cui vuoto interiore non può più in alcun modo nascondersi.
Altro è proteggersi da uno scontro esterno, altro è salvarsi dall'interiore corrosione.
L'armatura non serve più e il disfacimento si denuncia in tutta la sua tragedia.
Nonostante ciò, Amelio rifugge la disperazione come la polemica.
Con determinata fermezza, con artistica capacità, compie il suo racconto, una pagina dopo l'altra, un lungo, preciso, impegnato lavoro, e lascia a noi la scelta di leggerlo, di recepirne il sotteso significato.

Non esclusa è la speranza che, frantumato in un soffio il gesso precario del retorico uomo d'ieri, cancellato dalla disintegrazione il contraffatto uomo d'oggi, si ricompongano gli atomi per un migliore uomo di domani. E allora il bruno si farà terra, il bianco luce, il velo aria.

 

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Salvatore Amelio Tel. e Fax 051.902107 - Cell. 338.8629115 - e-mail Privacy Policy